mercoledì 19 dicembre 2012

Tre punti per ripartire...3 di 3


UNA NUOVA FASE COSTITUENTE

Il governo Monti nasce nel quadro dell’incisiva e appassionata iniziativa del Capo dello Stato e a molti tra noi  è stato dato di pensare che la nostra Costituzione dovrebbe prevedere che un Capo dello Stato eletto dal popolo, avesse quei poteri e potesse normalmente guidare l’azione del suo governo, come accade nei paesi a carattere presidenziale o semipresidenziale.

Purtroppo nel nostro paese operano forze politiche e poteri forti irrimediabilmente conservatori che amano le costituzioni materiali e non vogliono che certi principi siano iscritti nel testo costituzionale, perché perderebbero il loro  potere di condizionamento e di sollecitazione.

E’ al nostro partito ed al presidente Berlusconi in primis, ma anche ad  altre forze politiche  che va riconosciuto l’alto senso di responsabilità che ha consentito, in una situazione di grande emergenza,  il prevalere degli atteggiamenti costruttivi sullo spirito di faida.
Ma questa contingenza straordinaria va superata ridando forza alla politica e promuovendo il rinnovamento e il rafforzamento delle nostre istituzioni.  

Ora dunque è necessario promuovere l’incisiva riforma della  nostra Costituzione che NON è la più bella Costituzione del mondo, come va dicendo Bersani:
-- perché rende difficile ed improbabile l’attività di governo, non da poteri e forza decisionale al Presidente del Consiglio dei Ministri, limita troppo il potere di decretazione del Consiglio dei Ministri;
-- perché fa della magistratura un corpo separato dello stato, senza ordine né gerarchia, ma troppo spesso impegnato a contrastare il potere legiferante del parlamento;
-- Perché l’attuale architettura dello stato  è inflazionata  e produce una dispersione conflittuale dei poteri e delle competenze:

Occorre prescrivere  la fusione dei comuni con meno di diecimila abitanti, promuovere l’unione dei comuni in ambiti territoriali opportuni, eliminare le Provincie, ridurre il numero delle Regioni, limitare i poteri dello Stato alla politica europea, estera, di difesa, di sicurezza, di giustizia, di governo sulle questioni e le reti di rilievo nazionale.

In questo quadro, una riflessione va fatta sulla questione dell’area metropolitana, precisando che Venezia con la sua provincia non è un’area metropolitana, tantomeno se essa ha, come ha, solo i poteri di una provincia. Va colta invece questa opportunità per mettere in rete e portare a sistema il policentrismo veneto, per dare gerarchie alla sua organizzazione territoriale, produttiva e direzionale, per creare nuove sinergie tra le Città Venete, per dare massa critica alle strutture imprenditoriali e direzionali della nostra Regione nel contesto europeo.
 
Ciò può implicare, ma non necessariamente, uno specifico livello istituzionale, più fecondo potrebbe forse essere l’individuazione di sedi di concertazione e decisione delle politiche di area metropolitana.

A questa profonda trasformazione del territorio  regionale  può e deve essere chiamata anche la Regione del Veneto, partecipando essa con capacità decisoria alle sedi di concertazione delle politiche metropolitane.

In sintesi occorre allora:

1) Riduzione della spesa pubblica comprimendo quella corrente e rilanciando le politiche di investimento;
2) Riorganizzazione in senso federalista della struttura istituzionale dello Stato per promuovere l’interazione dei territori, dei mercati, delle strutture produttive, imprenditoriali, direzionali e quella dei grandi servizi dell’Università, della Ricerca, della Salute;
3) Riduzione delle imposte e delle tasse stabilendo con un programma pluriennale di dimezzarle, passando dall’attuale insostenibile e parossistico 68% ad un giusto e fisiologico 34%.

Nasce da queste tre azioni di riduzione e riorganizzazione, lo spazio economico e finanziario necessario a rilanciare la crescita:

a)   potenziando il nostro sistema d’impresa, con finanziamenti volti al suo adeguamento tecnologico, e all’assistenza  delle sue  attività di export.
b)        creando un nuovo mercato dei servizi  a rete del territorio,    (ciclo dell’acqua, ciclo dei rifiuti, trasporti), stabilendo chiare condizioni che ne garantiscano gli investimenti manutentivi e tecnologici e il minor costo per l’utenza.
c)      investendo nella realizzazione di tutti i sistemi infrastrutturali (porti, logistica, corridoio 5, alta velocità) di integrazione degli spazi nazionali ed internazionali.
d)   realizzando un vasto programma di Green Economy, con la  produzione di energia da fonti rinnovabili e metodi  di intervento sulle città per renderle più efficienti (smart cities).
e)     programmando organici interventi a tutela del territorio e dell’ambiente e del suo riequilibrio idrogeologico.

Ognuna di queste politiche, ha nel Veneto e nel Nord Est un luogo e un protagonista di primaria importanza. Tocca ora al nostro partito, se ne ha la forza e il coraggio, assumere su di sé questo compito del Veneto per i Veneti, rivendicandone oggi il ruolo, già proprio nella storia, di cardine tra mitteleuropa e medio oriente, diventando strumento del libero e forte e laborioso  popolo veneto per la conquista di questo  suo rinnovato avvenire.             
  

Jacopo Carraro

domenica 16 dicembre 2012

Tre punti per ripartire...2 di 3


L’AGENDA  MONTI

Personalmente mi è parsa una ricetta con troppe  tasse e pochi  tagli. Di spending review si è parlato e basta. Solo una serie ed approfondita revisione della spesa pubblica può far trovare lo spazio per ridurre il cuneo fiscale, per diminuire le tasse e metterci di nuovo in grado di fare ancora  economie, cioè quello che meglio hanno sempre saputo fare i nostri imprenditori.

L’evasione fiscale è pesante ed è un reato che va perseguito con forza e con metodo non certo con azioni solo dimostrative. Ma non può diventare la scusa per cui non si possono ridurre le tasse.  Quando la pressione fiscale reale è pari al 68%,  allora diventa impossibile restare competitivi sia di fronte alle imprese mafiose e paramafiose che in Italia non pagano né tasse né contributi, sia di fronte alle altre imprese europee che godono di un sistema fiscale più equilibrato.

 Del resto l’Italia, nonostante tutto quello che dice la stampa e certa parte della politica, rimane la 3° economia d’Europa per PIL e dato che l’alta tassazione è connessa proprio al PIL ne risulta che allo Stato Italiano i soldi non mancano, il problema, semmai, è dove finiscono, quali sono i mille rivoli lungo cui si  disperde il tesoro delle nostre tasse.

Il problema della riduzione della spesa pubblica è centrale, ma va isolato dalla spesa sociale, perché non è certo l’abbondanza di asili nido, di scuole, di palestre che ha rovinato i nostri conti pubblici:
stiamo cercando di riempire d’acqua uno scolapasta! Non ha senso farlo senza prima tappare i buchi.

Ora bisogna snellire lo Stato, e i suoi diversi livelli istituzionali; occorre che i servizi pubblici, o meglio in mano pubblica, tornino a far parte del mercato, siano acquisibili e vendibili.
Bisogna che diventino la molla con la quale si può far espandere l’economia del paese. Ma per questo occorre diminuire drasticamente le tasse, quelle proprie e quelle improprie che stanno strangolando il paese, tanto che per molte imprese oggi, l’evasione non è più soltanto un reato, è diventato anche l’unico mezzo per sopravvivere.

Ciò vale soprattutto per quelle aziende piccole e medie che rappresentano la spina dorsale del nostro sistema economico e che danno lavoro ad oltre il 58% dei lavoratori; quella piccola e media impresa i cui ideali e bisogni, le cui istanze per primi, noi di Forza Italia, avevamo fatto nostri e che con il PdL non sembriamo più in grado di difendere.

Meno tasse, meno stato, più impresa: si potrebbe definire un ritorno allo spirito del ’94, oppure rinnovata coerenza con le nostre idee, con quelle idee che, ai Veneti e all’Italia intera, avevano dato speranza, convinzione e voglia di impegnarsi.

Jacopo Carraro

martedì 11 dicembre 2012

Tre punti per ripartire...1 di 3

Cari amici,
metto a vostra disposizione e dei vostri commenti una serie di riflessioni che spero possano dare origine a discussioni utili e approfondite sul nostro "fare politica".

Pubbblicherò tre post per affrontare alcuni temi:

1) organizzazione del partito
2) politica economica
3) i prossimi impegni della nostra politica nazionale.

Commentate numerosi... 


1) PARTITO E  FEDERALISMO.

Si fa un gran parlare di primarie, di limite ai mandati, di resettare i vertici del partito, di stringere un più profondo rapporto con i nostri elettori.
Sono argomenti differenti, ma passano tutti attraverso le Primarie: per decidere cosa fare e chi lo deve fare.

C’è una questione che in modo nuovo può legare il cosa al chi: il federalismo che non interessa solo alla Lega, riguarda invece tutta intera la nostra economia, la nostra vita e anche quel che resta del nostro amor patrio.

 A maggior ragione deve riguardare noi, le nostre imprese, la nostra gente, il nostro modo di governare, restituendo alla gente la libertà di intraprendere, di lavorare, di decidere cosa fare; liberandola da una burocrazia costosa, onnivora ed inutile, da un sistema dei vincoli che strangola il paese:

Tra il momento della decisione imprenditoriale e la autorizzazione burocratica passa sempre troppo tempo e questo diventa allora il paese della rinuncia a fare, del lavoro negato, delle opportunità perdute.

Si disperde così il gusto dell’intraprendere, dell’andare avanti, del crescere, si diffonde così nella nostra società l’astio per il nuovo e  l’ostacolo al cambiamento, prevale in essa il conflitto tra la gente e, tra le istituzioni , il venir meno del doveroso atteggiamento cooperativo.

Poiché questa è una spirale che si sta avvitando su se stessa, possiamo stupirci se il P.I.L. non cresce? Se il lavoro diminuisce? se la disoccupazione aumenta?
      
Il federalismo purtroppo è stato spesso inteso come secessione e per questo è rimasto inattuato ed   è stato temuto. Ultimamente il governo di “Salute Nazionale”, come veniva trionfalmente chiamato da più parti il Governo Monti, gli ha inferto gravi colpi avocando alle istituzioni centrali le poche bandiere del decentramento.
In realtà gli stati federali sono ancora oggi quelli che più e meglio degli altri stanno reagendo alla crisi, dimostrando allo stesso tempo una forte coscienza nazionale: gli Usa, la Germania, la Svizzera ma anche il Brasile e l’India sono tutti stati federali che, proprio nel reciproco rispetto delle singole identità che li compongono, riescono ad esprimere una politica coerente a livello nazionale.

La stessa Europa  può darsi una struttura federale: lo ripeto oggi che più forte e profondo è il nostro disagio per un’Unione Europea  che non è pari a quella che avevamo pensato, la cui solidarietà resta da provare, il cui assetto democratico risulta squilibrato dall’auto-costituitosi direttorio franco tedesco.
Nessuno di noi ha mai pensato che entrare in Europa potesse essere una passeggiata trionfale. Ci è chiaro che il rigore è necessario per tutti, che stare in Europa è una sfida ed implica una competizione leale con gli altri paesi. Essa presuppone una capacità, una competenza, un lavoro assiduo da parte dei nostri rappresentanti in Europa e una loro profonda conoscenza dei nostri interessi che vanno difesi con instancabile impegno.

Non siamo sicuri che ciò sia stato fatto.
Siamo sicuri invece che non esistono vie di fuga, né dall’Europa , né dall’Euro.
Siamo sicuri che questa è la battaglia da fare :
--per conquistare un ruolo in Europa che sia degno dell’Italia,
--per garantire questo rapporto Italia – Europa che per ragioni di geografia, economia, storia e  futuro,  per il Veneto è irrinunciabile.   

Ma un federalismo vero può passare soltanto attraverso la diretta responsabilità delle Regioni e dei comuni sia nel prelievo fiscale che nella spesa. E’ da qui, dalla responsabilità di fronte agli elettori, che nasce un governo virtuoso.

L’infame esempio della Regione Lazio (non la sola), che ha trovato la  complicità di tutti i Gruppi consiliari, nasce invece dalla irresponsabilità implicita nel sistema dei “trasferimenti dallo stato alle regioni e ai comuni”e da una classe dirigente che non ha passato il duplice vaglio del partito e degli elettori.

A questo servono le primarie, per questo ci vuole un partito dotato di regole e di strutture democratiche.
  
Oggigiorno al Veneto torna solo il 25% delle tasse e delle imposte pagate dai Veneti, mentre il 75% resta a Roma: questo non è più sopportabile e se nel medio periodo l’obiettivo è quello  di invertire queste percentuali, nel breve periodo occorre assumere come obiettivo un forte  riequilibrio tra Stato, Regioni e Comuni.

Il federalismo deve portare con sè, implicitamente, anche altri elementi necessari:

1.      Il MERITO nella promozione e nello sviluppo dell’economia locale, della sua università,  dei suoi ospedali , della sua ricerca scientifica.
2.      La SOLIDARIETA’ nell’aiutare la gente che vive e lavora nel Veneto e nel sostenere con parte del proprio gettito fiscale e in un’ottica di coesione nazionale le politiche di investimento degli altri territori, ma non la loro spesa corrente.
3.      La RESPONSABILITA’ nel rendere conto, in primis, ai propri concittadini delle quantità e degli scopi  del prelievo fiscale, sottoponendo poi  le grandi opere a referendum, ascoltando le mille voci della rete e spronandola a fornire giudizi sempre più  precisi e ben ponderati.
4.   Lo stesso nostro partito dovrebbe essere impostato su base federalista e legato al territorio per tutelarne i valori fondanti, per tramandare alle nuove generazioni, le aspirazioni e i bisogni del Libero Popolo  Veneto.

 Affrontare le sfide del futuro con la forza delle nostre tradizioni, impegnarci a  rafforzare il ruolo e il posto del Veneto in Italia e in Europa: ecco il compito nostro.

Nel paesaggio delle nostre pianure, colline ed alte montagne, come nei fiumi, nelle lagune operose o nei mari aperti al mondo, nelle città industriose, nei Centri Storici preziosi, nella gente che lavora, studia, inventa,  intraprende, opera silenzioso e continuo il Genius Loci della nostra terra, lo spirito che anima in modo inconfondibile i nostri paesaggi , che si riflette nelle faccie e  nelle mani, nella volontà e nelle parole della nostra gente.

Quale miglior battaglia per noi che difendere questo patrimonio, quale peggior colpa che non riuscire a consegnarlo alle generazioni nuove?

Sono ben conscio che un partito deve difendere gli interessi concreti della gente che intende rappresentare e questo noi intendiamo fare , ma un grande partito nasce solo se è anche un atto d’amore per ciò di cui siamo parte, per ciò in cui crediamo.
Un partito per essere grande deve darsi un ordinamento democratico, ma non burocratizzato, attraverso cui unirsi alla sua gente, fare le grandi scelte chieste dal territorio, scegliere i propri  candidati e i propri dirigenti, superando l’ignavia e la stasi che ha portato ai doppi coordinatori talvolta irresponsabili di fronte al partito, talvolta nemici del partito perché protetti dai loro mandanti.
  
E allora in quest’ottica anche le primarie acquisiscono un senso, a patto che non ci si dimentichi dei tesserati, cioè di coloro che si impegnano comunque in prima persona e che  con il loro impegno costante, politico ed economico (perché le sedi costano, così come i volantini e le sale per organizzare gli incontri), si assumono le maggiori responsabilità.

Vogliamo dimenticarci di questi? Vogliamo dimenticare che un partito si basa sulle idee e sulla passioni di chi si impegna in prima persona, non solo quando è comodo, ma anche nei momenti di crisi? Poi bisogna non arroccarsi e non escludere.  Poi occorre aprirsi, sperando semmai di fare nuovi iscritti, di trovare altra gente disposta a lavorare con noi.

Jacopo Carraro

domenica 4 novembre 2012

Un incontro sulla Città Metropolitana a Villa dei Leoni

E’ stata una serata veramente deludente quella che ha riunito il “Comitato per Mira protagonista nella Città Metropolitana” al piano nobile della Villa Contarini dei Leoni martedì 30 ottobre.
L’ospite della serata era il Prof. Bortolussi che avrebbe dovuto illustrare le possibili economie ottenibili con la Città Metropolitana.
Invece la serata è passata senza alcun contributo in questa direzione tanto che una buona parte del pubblico si è alzato ben prima che l’appuntamento volgesse al termine.
E’ stata un’occasione persa, un’occasione ghiotta data la qualità in campo statistico-economico dell’ospite.
Sicuramente non si può polemizzare con gli organizzatori, né con i presenti che hanno rivolto al Prof. più di un invito ad affrontare il problema, senza però ricevere nulla di circostanziato ma solo delle risposte vaghe e generiche.
Durante la serata Bortolussi ha comunque detto molte cose che mi vedono concorde.
Certamente la prima è che il problema dei conti pubblici italiani NON è l’evasione fiscale.
Quest’ultima di certo è un reato, ma se è vero com’è vero che la pressione fiscale reale è pari al 68%, allora bisognerebbe veramente chiedersi se stiamo andando nella direzione giusta o se stiamo dando troppi giri di vite e troppo stretti all’economia del paese.
Infatti l’Italia, nonostante tutto quello che dice la stampa e certa parte della politica, rimane la 3° economia d’Europa per PIL e dato che l’alta tassazione è connessa proprio al PIL ne risulta che allo Stato Italiano i soldi non mancano, il problema, semmai, è dove finiscono, quali sono i mille rivoli che disperdono il tesoro delle nostre tasse.
Il problema della spesa è centrale, ma va isolata dalla spesa sociale, perchè non è certo l’abbondanza di asili nido, di scuole, di palestre che ha rovinato i nostri conti pubblici: stiamo cercando di riempire uno scolapasta! Non ha senso farlo senza prima tappare i buchi.
Ora bisogna snellire lo stato, i diversi livelli istituzionali, occorre che i servizi pubblici, o meglio in mano pubblica, tornino a far parte del mercato, siano acquisibili e vendibili.
Bisogna che diventino la molla sulla quale si può far espandere l’economia dl paese. Ma per questo occorre diminuire drasticamente le tasse, quelle proprie e quelle improprie che stanno strangolando il paese, tanto che per molte imprese oggi, l’evasione non è più soltanto un reato, è diventato anche l’unico mezzo per sopravvivere.
E’ stato comunque molto interessante, oltre che una soddisfazione personale, apprendere che l’ex candidato del centrosinistra alla nostra regione che la nostra NON è la più bella Costituzione del mondo, come va dicendo Bersani, e che la riforma del Titolo V è ineluttabile, ma anche modificare qualcosa sul Titolo IV dovrebbe essere all’ordine del giorno, a nostro giudizio.
Mi auguro che Benigni non sia strapagato come al solito per portare avanti sulla Tv pubblica questa favola della miglior Costituzione al mondo, magari dopo aver “rassicurato” i contribuenti sul fatto che poi devolverà i suoi guadagni in beneficienza (grandissima ipocrisia tipica della sinistra).
Ho apprezzato l’autocritica fatta sulle lenti dell’ideologia che ha sempre impedito la sinistra di capire ed interpretare la realtà economica degli ultimi 30 anni.
Bortolussi ha detto, magari credendo di avere di fronte solo un pubblico amico, che il PCI prima, e i suoi eredi poi, compresi i sindacati, non hanno mai capito nulla di economia ed in particolare del modello veneto, inteso come piccola e media impresa, quella che da il lavoro ad oltre il 58% dei lavoratori, quella piccola e media impresa i cui ideali e bisogni, le cui istanze per primi, noi di Forza Italia, avevamo fatto nostri e che con il PdL non sembriamo più in grado di difendere.
Una terza cosa che mi sento di condividere tra quelle dette è la necessità di introdurre un vero federalismo: che significa MERITO, come capacità/necessità di promuovere il proprio territorio, SOLIDARIETA’ perché una parte deve servire ad aiutare gli altri territori (ma non a nostro discapito) ma soprattutto RESPONSABILITA’ perché ogni territorio è responsabile dei soldi che spende e nessuno meglio di chi è vicino alla fonte di spesa riesce a controllare.
Sono rimasto estremamente deluso, invece, quando il prof. sbagliando, ma non è di certo l’unico professore a farlo  di questi tempi, ha affermato che “non gli interessa quello che ha da dire il centrodestra”, perché così dimostra anche lui di inforcare le lenti dell’ideologia, ma forse si sentiva in debito verso il proprio pubblico per le confessioni appena fatte.
Perché far funzionare la città metropolitana significherà trovare un punto di incontro tra tutte le forze politiche in primis per arrivare alla definizione dello statuto temporaneo e poi per quello finale: sarebbe una bella prova di capacità di gestione dal basso di un cambiamento importante della nostra architettura istituzionale.
Ma soprattutto sarebbe necessario togliersi le lenti dell’ideologia e del disprezzo (perché quello è il sentimento manifestato) per fare quelle riforme di cui il Paese ha bisogno, per cambiare la spesa dello stato, identificabile in una principale riforma, quella dei costi standard, necessaria e che deve essere fatta con la serietà e l’impegno di tutti.
Quanto all’associazione devo dire che sta perdendo gran parte del suo significato e nonostante l’apprezzamento personale per molti dei partecipanti, sembra si stia trasformando in una sorta di comitato elettorale, in ultima istanza proprio giovedì è stata proposta la candidatura di Bortolussi a possibile sindaco della Città Metropolitana, nel qual caso, viste le sue dichiarazioni, non potrei che augurargli che finisca come l’ultima volta…sconfitto!!!
Invece, sarebbe  auspicabile ed opportuno che quelle forze che dichiarano di credere nell’opportunità offerta dall’istituzione della Città Metropolitana, fossero anche in grado di farsi portatrici di tali istanze consci che per ottenere risultati si deve giungere ad accordi.
Ed in questo l’area di Mira/Dolo/Mirano risulta al centro dell’area metropolitana, sia che rimanga quella coincidente con la Provincia di Venezia, sia che si espanda (come sarebbe giusto) all’area della PaTreVe.
Deve giocare le proprie possibilità in vista di uno sviluppo che diventa possibile e necessario e non rassegnarsi ad essere la risultante dell’incrocio di due o tre periferie.
Quest’area deve reclamare con forza il proprio ruolo in tutte le aree dell’economia, nel turismo come nella produzione, nella distribuzione media e grande e nella logistica o ne subirà le conseguenze: non ci si può limitare ad ospitare solo pensioncine ed hotel abbastanza piccoli da non disturbare le strutture Veneziane.
Abbiamo davanti a noi una sfida importante che deve essere affronta evinta, in primis, con la convinzione di chi ci crede e non per questo non ha paura di spendersi, senza arrendersi al cinismo e al pessimismo.
Jacopo Carraro

martedì 2 ottobre 2012

Basta con la confusione...


Leggiamo oggi sul Gazzettino "Mario Morara (Pdl) "sposa" la posizione 5Stelle" in cui il nostro (ex), che viene poi definito "già consigliere di Fi e PdL", spiega perché è d'accordo con la tesi del Sindaco Maniero.
Non mi interessa spiegare perché, quella presentata, sia una posizione velleitaria, al limite dell'inutilità. 
Abbiamo più volte detto che questa tesi è contro la legge e contro la realtà fisica del nostro territorio: siamo dentro la Città Metropolitana perché questa è la nostra vocazione storica, geografica, sociale ed economica.
Abbiamo anche provato, inutilmente (ahinoi),  a spiegare alla Maggioranza che invece di perder tempo in posizioni velleitarie e cavillose per dire "no" sapendo che comunque sarà "si alla città metropolitana", avrebbe dovuto farsi carico di un'iniziativa in grado di unire la Riviera del Brenta e dare indicazioni utili ai lavori per lo Statuto nella Conferenza Metropolitana, cui dovrà comunque partecipare il Sindaco Maniero.
Oggi, però, non mi interessa parlare di questo: oggi l'importante è fare chiarezza, o quanto meno non aggiungere confusione!!!
Questo chiarimento va fatto non tanto per me, che come Coordinatore Comunale ha avuto tra i miei compiti anche quello di provare ad arginare la verbosa e casuale ansia da pubblicazione di Morara.
Questo chiarimento è soprattutto per tutti coloro che si sono impegnati in prima persona, mettendoci tempo, faccia e voglia, anche in questi momenti difficili per il nostro partito, e che non possono più sopportare di sentirsi rappresentati sui giornali da gente che non ne ha titolo come Mario Morara.
E' mai possibile che chi ha deciso di candidarsi contro il PdL, aderendo legittimamente, ma direi definitivamente, alla lista "Insieme per Mira" debba ancora essere indicato come parte del PdL? Se dovessimo fare la storia di Morara, se mai ci interessasse, allora perché non scrivere che è stato anche carabiniere?
Per questo bisogna puntualizzare che Morara non ha mai fatto parte del Gruppo Consiliare del PdL e che non rappresenta in alcuna maniera nessun altro che non sia sé stesso.
Sia chiaro che da una parte c'è  Morara e le sue personali opinioni (tipo la centrale nucleare al posto di Veneto City) dall'altra ci sono le posizioni del PdL. Speravo che tale confusione fosse stata definitivamente eliminato con le ultime elezioni comunali.

Colgo anche l'occasione per aggiungere un punto generale sulla situazione del partito: non sono di certo Morara e le sue esternazioni il problema del PdL, semmai sono un sintomo.
Il sintomo esplicito di una mancanza di chiarezza e di controllo da parte del partito nei confronti dei propri iscritti, che porta, nel migliore dei casi, a dichiarazioni avventate e casuali da parte di qualche personaggio in cerca di notorietà, magari esprimendosi furbescamente a cose già fatte (come in questo caso).
Questa mancanza di controllo può, invece, nel peggiore dei casi portare allo sfacelo a cui assistiamo in questi giorni nella regione Lazio!!!!
Per questo , interpretando anche il sentimento delle tante persone per bene ed attive sul territorio, domando ai competenti livelli del partito di agire e di fare chiarezza, una volta per tutte.

Jacopo Carraro

ps. allego la lettera inviata alla corrispondente del Gazzettino a proposito.


Gentile dott.ssa Luisa Giantin,
abbiamo letto con stupore l’ articolo comparso oggi su Il Gazzettino a sua firma nel quale raccoglie la posizione del sig. Mario Morara sulla Città Metropolitana di Venezia.
Come le sarà senz’altro noto – sull’argomento si sono sviluppati dibattiti, incontri, sono state rilasciate dichiarazioni, puntualizzazioni, ecc. da parte di esponenti, e comunque responsabili delle forze politiche in campo- la posizione del Pdl è chiarissima : favorevole a che Mira faccia parte della Città Metropolitana di Venezia. Ciò è stato precisato in tutte le occasioni, in particolar modo con il voto nel corso dell’ultimo Consiglio Comunale.
Ciò posto ribadiamo la nostra meraviglia circa lo spazio che il suo giornale ha dedicato, creando anche confusione e perplessità, alla posizione del sig. Morara. Infatti la convinzione che ne può trarre il lettore, atteso il tenore del titolo, è che la posizione di Morara sia quella del Pdl. Come or ora ribadito non è così .L’interessato non riveste alcuna carica all’interno del Pdl e non ha alcun titolo per rilasciare agli organi di stampa dichiarazioni che attengono agli orientamenti del Pdl di Mira.  Non va dimenticato che alle ultime elezioni amministrative egli si era candidato in una lista concorrente al Pdl.
Perché le posizioni e gli orientamenti del Pdl siano chiari senza alcuna zona d’ombra – creata, a nostro avviso, dall’articolo in parola – le chiediamo cortesemente di accogliere sul suo giornale la voce “ ufficiale” del Pdl.

Il Coordinatore Comunale del Pdl                          Il Capo Gruppo in Consiglio Comunale
       Jacopo Carraro                                                            Paolino D’ Anna



lunedì 10 settembre 2012

Ancora sulla città metropolitana II

Abbiamo detto che non esiste per Mira la possibilità di passare sotto la provincia di Padova. Questo è scritto nalla legge che istituisce la Città Metropolitana di Venezia e dalla Costituzione, la quale prevede, e la legge richiama chiaramente tale articolo, la possibilità di cambiare provincia solo per i comuni confinanti, tramite referendum (art. 133).

Del resto anche Barbara Degani, la Presidente della provincia di Padova, ha ammesso che per i comuni della Riviera del Brenta, a parte i confinanti Vigonovo e Stra', è molto difficile ipotizzare un passaggio sotto Padova.

Ciononostante stiamo al gioco e proviamo a capire cosa comporterebbe dal punto della vita di tutti i giorni delle persone.

Prendiamo il nostro portafoglio e cosa ci troviamo: la carta d'identità, la patente, il passaporto, il tesserino sanitario per qualcuno la licenza di caccia o di pesca, la tessera di appartenenza ad ordini e collegi professionali.

Inoltre i centri d'impiego sono provinciali, le liste di collocamento sono provinciali e chissà quanti altri sono i documenti di associazioni, organizzazioni e quant'altro che riportano la dicitura della provincia.

Sono documenti che, a rifarli, costano tempo e soldi e certamente per doverli cambiare tutti ci deve essere un buon motivo.

Per non parlare poi delle iscrizioni alle camere di commercio, le PMI, i certificati SOA, i certificati ISO, le casse edili: tutti organizzati su base provinciale.

Sarebbe veramente interessante fare una stima per calcolare il costo di un cambiamento di questo tipo per le nostre imprese già in difficoltà per la situazione economica generale.

Dover rifare tutta questa montagna di documenti ha un costo in denaro e in tempo, e per cosa? Quali sarebbero i vantaggi nell'appartenere alla provincia di Padova?

Assolutamente non abbiamo nulla contro Padova, ma forse il turismo, l'industria, la portualità che ci riguarda direttamente come miresi, hanno bisogno di Venezia, del suo nome, della sua capacità di attirare investimenti e persone unica al mondo.

Certo dovremo liberarci almeno di alcune delle zavorre che bloccano il sistema Italia, ma questa è un'altro tema da affrontare comunque.

E' un esercizio puramente teorico, ma rende un po' l'idea di quali potrebbero essere le ricadute sulla nostra vita di semplici cittadini, oeprai, impiegati, professionisti, lavoratori, commercianti ecc.

A questo punto viene naturale domandarsi: a cosa serve ragionare sull'adesione a Padova? Non avrebbe più senso impegnarsi per la città metropolitana di Venezia, pur consapevoli del fatto che la legge non è stata fatta esclusivamente per la nostra provincia, ma riguarda tutte 10 le città metropolitane (da Roma a Torino, da Reggio Calabria a Milano passando poi per Bologna, Firenze, Genova e Bari, oltre a Venezia), e che per forza ci sarà da lavorare?

La città Metropolitana d'altra parte, non sarà per nulla differente dall'attuale provincia sia nella sua conformazione che nei suoi compiti, ma potrebbe/dovrebbe rappresentare in futuro l'unico intermedio tra regioni e comuni in grado di operare, e questo anche dal punto di vista finanziario, proprio perchè ne sono state riconosciute le specificità.

Magari in un futuro anche prossimo, ci potremmo trovare a gestire l'ingresso di nuovi territori nella città metropolitana, cosa sicuramente auspicabile.

Quindi, meglio intervenire fin da subito, per far partire al meglio (almeno per il nostro comune) la città Metropolitana, sapendo che non sarà una partita che si conclude oggi.

Di nuovo rinnoviamo il nostro invito alle forze politiche a discutere e aderire con visione e slancio, pur sapendo che non sarà facile comunque, a questa iniziativa per cercare di governarla per il bene di tutti, ma di Mira in primis, come si dice "ognuno per primo fa il suo".

Ricordo a tutti che martedì e giovedì di questa settimana, alle ore 20.30, rispettivamente al Teatro Villa dei Leoni e al centro Civico di Piazza Vecchia, ci saranno due incontri pubblici sul tema, partecipate numerosi!!!

Jacopo Carraro








domenica 9 settembre 2012

Ancora sulla città metropolitana

Venerdì scorso, in biblioteca ad Oriago, è iniziato un breve ed intenso ciclo di incontri sulla tema della città metropolitana che continuerà martedì sera a Mira presso il teatro di Villa dei Leoni, per concludersi giovedì prossimo al Centro civico di Piazza Vecchia.
Il tema è direttamente al centro dell'agenda perchè il decreto che la istituisce di luglio è stato convertito in legge ed è operativo già da agosto.
Di certo c'è che la città metropolitana c'è già! e che da questo fatto reale si deve partire.

Le principali criticità, a nostro parere, legate alla legge sono:

1) L'uso del decreto d'urgenza;
2) La costituzionalità legata all'istituzione stessa della città metropolitana;
3) La possibilità di veto del sindaco del comune capoluogo e del Presidente della Provincia;

I primi due punti sono evidentemente collegati alla formulazione stessa della legge e rappresentano ciò sul quale è meno possibile agire in quanto già in atto e soprattutto in capo al governo ed al parlamento.

L'urgenza è motivabile solo con il fatto che il motore che sottende questa legge è quello di tagliare alcuni costi della politica (a nostro mdesto parere forse non i principale ed urgenti) riformando, allo stesso tempo, alcune istituzioni: per questo è stato scelto di eliminare i costi dei consigli provinciali.
La provincia è un ente di "secondo grado", cioè svolge delle funzioni per delega (dallo stato o dalle regioni) e non ha potere di legiferare quindi una riforma, ma anche l'eventuale soppressione, è più semplice e comporta meno problematiche istituzionali.

Ci si domanda: poteva essere fatto diversamente? Sicuramente si! Ma è anche vero che il ritornello che abbiamo tutti nelle orecchie è che "se non si approffitta della crisi per dare una spallata e certe situazioni, non lo si fa più.."
Del resto mi pare che molte siano le voci concordanti sull'opportunità di eliminare le provincie e questo potrebbe essere il primo passo verso la riforma radicale del nostro assetto istituzionale.

Sulla costituzionalità del provvedimento si esprimerà la Corte Costituzionale nel novembre prossimo, basta attendere un paio di mesi!

La terza criticità, invece, è assolutamente condivisibile ed è quello sulla quale si può operare dal basso!
Sarebbe sicuramente opportuno che chi ne ha diritto, per legge, rinunci al privilegio del veto.
Questo significherebbe, in primis, il ristabilimento di una naturale condizione di euguaglianza tra le parti, in secundis una dimostrazione di effettiva buona volontà alla cooperazione con i sindaci della instauranda "conferenza matropolitana", visti anche i tempi strettissimi che la legge prevede.

Infatti, c'è tempo fino al 24 settembre per aderire alla città metropolitana, anche se questo punto non riguarda il territorio mirese che vi farebbe parte anch senza fare alcun consiglio a proposito, dopodichè viene instaurata la conferenza metropolitana, formata da tutti i sindaci della provincia (Venezia compresa) e dal Presidente della Provincia, la quale deve scrivere lo statuto temporaneo decidendo le modalità di elezione del sindaco metropolitano e del consiglio dei dodici (scelti tra i sindaci e i consiglieri comunali di tutta la provincia), che approverà quello definitivo.

Noi ci auguriamo che il sindaco Orsoni e la Presidente Zaccariotto, rinuncino al diritto di veto, e valga semplicemente il voto qualificato dei 2/3 dei componenti della Conferenza Metropolitana perchè questo è un naturale principio di democrazia: UNA TESTA, UN VOTO.

Ribadiamo un'altro punto importante da apportare allo statuto: l'elezione del sindaco metropolitano a suffragio universale!
Rispetto alle altre due opzioni possibili (che sia di diritto il sindaco del capoluogo, che sia eletto con un sistema simile a quello che oggi elegge il Presidente della Provincia) permetterebbe di ribadire lo stesso ovvio e naturale principio di democrazia: UNA TESTA, UN VOTO!!!!!!

Quest'ultimi due elementi, sono ottenibili solo a patto di aderire con slancio propositivo ed aperto alla città metropolitana e dimostrando la capacità di mettersi in rete con gli altri comuni, quantomeno con quelli della riviera, ai quali siamo uniti da una continuità  fisica, storica, culturale oltre a molte tematiche territoriali.

Il Pdl di Mira è pronto a fare la propria parte in questo senso ed invita tutte le forze, di maggioranza e di minoranza ad impegnarsi in questa direzione.

Jacopo Carraro

mercoledì 5 settembre 2012

Sulla città metropolitana


Sulla città metropolitana si stanno facendo, sui giornali, molta confusione e poca attenzione.
Per prima cosa si deve dire che essa c'e' già: è istituita, come recita il primo comma dell'articolo 18, e prende il posto della provincia.
Ai comuni non viene tolta la loro autonomia, al contrario devono essere i sindaci stessi a votare lo statuto, con voto qualificato, anche se deve esserci anche l'assenso del sindaco di Venezia e della Presidente della provincia.
Cosa e' utile fare davanti a questa situazione, cioè di fronte a questo contenitore essenzialmente vuoto? 
Secondo noi conviene riempirlo! 
Conviene affrontare il tema con lungimiranza e capacità per rendere pregna di significato la città metropolitana.
Perché, comunque, alla base del nostro fare politica, dell'essere amministratori, c'e' il lavoro per immaginare e migliorare il nostro futuro.
Perché su questi temi si deve avere coraggio di investire, di cogliere la sfida e di "fare" per progettare il nostro futuro, altrimenti si continuerà a perdere occasioni  lamentandosi poi, di non averne avute.
Mira ha una specificità rispetto a questo tema, trovandosi direttamente a contatto con Venezia ed avendo un largo affaccio sulla laguna e potrebbe per questo trarre grandi giovamenti, anche per risolvere i problemi ambientali che la affliggono.
Aderire alla città metropolitana, per partecipare alla scrittura dello statuto che sarà quello che ci farà capire se questa sfida potrà essere vinta o meno.
Lo statuto dovrà essere discusso anche in seno al nostro consiglio. Ci saranno altri momenti in cui si potrà discutere delle norme statutarie, ma forse la prima, basilare se più democratica possiamo già suggerirla: che il sindaco metropolitano sia eletto a suffragio universale, una testa un voto, voluto direttamente dai cittadini.
Sarebbe molto più opportuno che la nostra amministrazione (siamo il maggior comune della Riviera del Brenta, ed ospitiamo 1/3 della popolazione della riviera), si facesse carico di sviluppare incontri per arrivare alla definizione di una base comune su cui scrivere lo statuto, rivendicando la maggior indipendenza possibile, magari un decentramento intelligente che sfrutti le possibilità dell'informatica, più che una dislocazione degli uffici.
Senza aver paura di cedere pezzi di autonomia quando questo potesse portare a risparmi e servizi migliori.
Insomma bisogna iniziare a fare politica!
Quanto alle strane proposte sentite ultimamente di una Mira che si lega a Padova, addirittura a Belluno, siamo molto scettici.
Noi siamo veneziani, ce lo dicono la nostra storia, le nostre ville, la nostra economia si basa sul fatto di vendere un brand come Venezia che e' conosciuto, apprezzato e ricercato in tutto il mondo.
padova non sarebbe comunque città metropolitana, pur aderendovi, ma anche volendo immaginare di poterlo fare (e non si può fare), siamo sicuri che la grande Padova sarebbe più sensibile alle nostre istanze della grande Venezia? 
Noi siamo sicuri del contrario. Da anni Padova cerca di realizzare l'idrovia nell'ottica di avere una canale scolmatore per liberarsi delle sue piene, ma questa visione non fa altro che portare i problemi da monte a valle senza risolverli ma trasferendoli ed a valle ci troveremmo noi, magari con la laguna che non riceve e l'acqua padovana che si somma alla nostra.

Jacopo Carraro

giovedì 31 maggio 2012

Primo Consiglio Comunale


care amiche e cari amici,
comincia una nuova stagione politica per Mira.


Qui sotto riportiamo il testo della prima convocazione del Consiglio Comunale di Mira della nuova Aministrazione:


"Il Consiglio Comunale è convocato in sessione ordinaria presso la Sala Consiliare del Palazzo Municipale per il giorno giovedì 7 giugno 2012 alle ore 19.00 per la trattazione dei seguenti argomenti:


1. Esame della condizione degli eletti alla carica di Sindaco e di Consigliere Comunale.
2. Giuramento del Sindaco.
3. Elezione del Presidente e del Vice Presidente del Consiglio Comunale.
4. Comunicazione dei componenti della Giunta Comunale ai sensi dell’art. 46, comma 2 del D.Lgs 267/2000.
5. Comunicazione dei nominativi dei Capigruppo Consiliari.
6. Elezione della Commissione Elettorale Comunale.


Gli atti relativi saranno depositati presso la Segreteria Comunale nel rispetto dell’art. 22 del vigente Regolamento del Consiglio Comunale ed i Consiglieri potranno prenderne visione in orario di ufficio."


Siamo allo stesso tempo curiosi ed ansiosi di vedere come verrà amministrata la nostra città e che tipo di rapporti si potranno instaurare con questa nuova maggioranza.


Invitiamo a partecipare numerosi

domenica 27 maggio 2012

Il bene comune

Il Movimento degli “ Indignati” – che mi pare stia pian piano scomparendo – aveva trovato alimento e guida nel pensiero dell’ultranovantenne filosofo francese Stèphane  Hessel che lo aveva condensato in un libretto di larghissima diffusione “ Indignatevi ! “ destinato soprattutto ai giovani.
Ora si sta affacciando alla ribalta il pensiero di un altro filosofo francese ,Jacque Maritain, rivolto al concetto di “ Bene comune “ sviluppato dall’autore nel  pamphlet “ La persona e il bene comune”.
Infatti l’espressione in questione è ora utilizzata, sempre più frequentemente, da politici, sindacalisti,ecc. volendo indicare un obiettivo verso il quale indirizzare il proprio quotidiano impegno.
Relativamente all’autentico suo significato mi pare che la cosa migliore da fare sia quella di ricordare ciò che ha scritto sul punto il filosofo in parola :
“ Il bene comune comprende tutte queste cose (la buona economia, la potenza militare, la retta giustizia dello Stato, il patrimonio storico culturale ) ma anche qualche cosa di più e di più profondo, di più concreto e di più umano..racchiude la somma o l’integrazione sociologica di tutto ciò che v’è di coscienza civica, di virtù politiche e di senso del diritto e della libertà, di prosperità materiale e di ricchezze dello spirito.. il bene comune non è soltanto un insieme di vantaggi e di utilità, ma rettitudine di vita, fine buono in sé “
Bello !

Luigi Fistarollo

mercoledì 23 maggio 2012

Aiutini di Stato


Durante la trasmissione televisiva Ballarò sono scoccate scintille tra l’ex. presidente
e amministratore delegato della Fiat Cesare Romiti e il direttore del quotidiano
Libero Alessandro Sallusti.
Il primo ha attribuito la responsabilità della attuale preoccupante situazione
economica in cui versa il nostro Paese ai governi che si sono succeduti nell’ultimo
ventennio con implicito ma chiaro riferimento a Silvio Berlusconi. Il secondo non
ha mancato di ricordare gli aiuti di Stato che nello stesso periodo ha percepito la
Fiat. La discussione non ha avuto una sua conclusione con il dott. Romiti che ha
cercato, senza peraltro apparire convincente, di negare o di attenuare la circostanza
degli aiuti pubblici. Questo argomento viene spesso evocato nel corso di dibattiti,
convegni,ecc.; ma quale è la verità? Credo che una fonte sicura di informazioni
sull’argomento che ci occupa sia ciò che ha scritto nel suo bel libro Massimo
Mucchetti “ Licenziare i padroni?” “Nell’ultimo decennio, il sostegno pubblico alla
Fiat è stato ingente…pari a 6059 miliardi di lire…contributi in conto capitale e in
conto interessi ricevuti a titolo di incentivi per gli investimenti nel Mezzogiorno….
Per la Sata e la Fma. si può stimare un risparmio di imposte dell’ordine dei 600
miliardi di lire.
….. la legge 488 per il Mezzogiorno che dal 1996 al 2000 ha fatto affluire nelle casse
del gruppo 328 miliardi di lire in conto capitale..” e così via.
Come si vede il Paese è stato molto generoso con Fiat al di là e al di sopra delle
reticenze del dott. Romiti.
Luigi Fistarollo

sabato 19 maggio 2012

Andate a votare …..liberi e forti delle vostre convinzioni

La crisi finanziaria internazionale, la nostra crisi istituzionale, politica, produttiva, il venir meno dei valori costitutivi della nostra società, sono alla base dei risultati del primo turno in Italia e a Mira.
Le liste civiche e le cinque stelle sono il sintomo di questo profondo malessere, ma non ne sono la cura: soprattutto aggiungono frammentazioni ulteriori al processo di disgregazione in atto.
I partiti cosiddetti maggiori (che tra mille difficoltà ed errori tengono aperta la possibilità che l’Italia abbia un governo e non si avviti in una crisi greca), devono ripensare il loro ruolo politico: non si affronta la più grave crisi economica e morale degli ultimi cento anni con una maggioranza che non ha neppure il coraggio di definirsi tale.  La Germania ha avuto questo coraggio: è uscita per prima dalla crisi ed ora si avvantaggia della crisi altrui.
Fino al 2013 tocca al PDL, tocca al CDU, tocca al PD, decidere e fare le riforme necessarie a dimezzare il peso dello stato e il finanziamento pubblico dei partiti e a semplificare il sistema dei vincoli e dei divieti amministrativi che oggi frenano la vita economica del paese e privano il cittadino della sua libertà di iniziativa
Tocca a loro sollecitare il governo a mettere in campo un primo programma di riduzione della spesa pubblica e a mettere in atto gli investimenti atti a produrre la crescita economica e a dare lavoro ai cittadini. Tocca a loro innanzitutto ridare al voto e alla libertà dei cittadini, la capacità di scegliersi nel 2013 i loro rappresentanti e il capo del governo, per portare il paese fuori dalla crisi, per ridare un senso, nella vita pubblica e in quella privata, alle parole onestà, solidarietà, collaborazione.
Durante tutta questa campagna abbiamo sempre consigliato di andare a votare, perché il non voto significa lasciare ad altri decisioni che riguardano direttamente noi tutti. Per chi crede alla politica come impegno verso se stessi e nei confronti degli altri, questa indicazione rimane sempre valida. Il PdL non può appoggiare nessuno dei due candidati, per cui ognuno abbia libera scelta di voto: a chi vincerà faremo una opposizione dura ma leale cercando, comunque, di instaurare un dialogo con tutte le forze presenti nel Consiglio Comunale.
                                                             Arch. Jacopo Carraro
                                                          Coordinatore del PDL –Mira.
Mira 17.05.2012    

martedì 17 aprile 2012

La povertà assoluta

L’onorevole Dario Franceschini, parlando della lotta all’evasione fiscale, ha affermato che “ Quello che si recupera dalla lotta all’evasione fiscale deve andare alle fasce di “Povertà assoluta”.Perche ‘egli non ha parlato semplicemente di povertà ma ha ritenuto di specificare che i beneficiari dovranno essere poveri che appartengono alle fasce di “povertà assoluta ? Secondo l’Istat gli appartenenti ad una situazione di “Povertà assoluta” sono coloro che vivono in una famiglia che guadagna meno del paniere di sopravvivenza, circa il 5% della popolazione. Sono, invece, appartenenti ad una famiglia di “ Povertà relativa “coloro che fanno parte di una famiglia che guadagna meno della metà di quella  mediana, circa il 13% della popolazione.
Accanto a queste definizioni dell’Istat ve ne sono altre tre coniate dagli studiosi: “ Povertà come deficit” quando si spende più di quello che si guadagna, ( non arrivare alla fine del mese), circa il 19 %,” Rischio di povertà “ quando vi è il rischio di diventare relativamente poveri, circa il 19 % e la “ Povertà soggettiva “quando l’interessato pensa che il suo reddito non sia adeguato, circa il 70 % della popolazione.
Ha fatto pertanto bene l’on.le Franceschini a specificare che egli si riferiva non tanto a tutti i poveri genericamente intesi ma ai poveri “ assoluti “; il richiamo al solo requisito della povertà sarebbe infatti insufficiente per una puntuale individuazione dei destinatari degli aiuti ipotizzati dall’esponente politico in parola. 

Luigi Fistarollo

Longevità

Serrate discussioni sta suscitando l’allarme del Fondo Monetario Internazionale secondo il quale l’allungamento della vita implica costi enormi. Se nel 2050 la vita media si allungherà di tre anni rispetto alle attese attuali, i costi già ampi dell’invecchiamento della popolazione aumenteranno del 50%.
Sull’ argomento invecchiamento –che va di moda - stanno fiorendo opere di studiosi che analizzano il fenomeno non solo per i riflessi di natura economica, ma anche sotto i profili sociologico, medico, filosofico ecc.
Cito, a tal proposito, l’opera di James Hillman “ La forza del carattere – la vita che dura”.L’autore osserva che “ I prossimi decenni saranno sempre più dominati dalla popolazione anziana, che somme immense vengono spese per estirpare le cause dell’invecchiamento e per ritardarne l’arrivo e che l’imperatura lotta di classe tra ricchi e poveri diventerà, nel nuovo secolo, una lotta tra Vecchi e Giovani”.
Ma se l’autore in parola ricorre anche a qualche nota di pessimismo, non altrettanto può dirsi di Theodore Roszak che nel suo stupendo libro, America the Wise, attende con gioia il trionfo dei vecchi. Scrive:”il semplice fatto che siano così numerosi potrebbe rivoluzionare la società, aiutandola a passare dal nostro predatorio capitalismo e dallo sfruttamento ambientale alla sopravvivenza del più mite. La sempre crescente percentuale di anziani nella popolazione fa pendere la bilancia in favore dei valori che stanno a cuore degli anziani: l’alleviamento delle sofferenze, la non violenza, la giustizia, l’accudimento e la conservazione della salute e della bellezza del pianeta”.
Ma sul tema mi fa piacere citare un nostro illustre scienziato, il prof. Umberto Veronesi, che nel suo bel libro “ Longevità” ci invita, pur con poche righe, a questa profonda  riflessione : “la longevità è un patrimonio qualunque sia la vostra convinzione su ciò che accade dopo la morte, è inutile e sciocco sottovalutare il periodo che trascorriamo in questa vita”.
La longevità, o la vecchiaia, vista da tre angolature diverse ma ugualmente stimolanti.
Luigi Fistarollo