martedì 11 dicembre 2012

Tre punti per ripartire...1 di 3

Cari amici,
metto a vostra disposizione e dei vostri commenti una serie di riflessioni che spero possano dare origine a discussioni utili e approfondite sul nostro "fare politica".

Pubbblicherò tre post per affrontare alcuni temi:

1) organizzazione del partito
2) politica economica
3) i prossimi impegni della nostra politica nazionale.

Commentate numerosi... 


1) PARTITO E  FEDERALISMO.

Si fa un gran parlare di primarie, di limite ai mandati, di resettare i vertici del partito, di stringere un più profondo rapporto con i nostri elettori.
Sono argomenti differenti, ma passano tutti attraverso le Primarie: per decidere cosa fare e chi lo deve fare.

C’è una questione che in modo nuovo può legare il cosa al chi: il federalismo che non interessa solo alla Lega, riguarda invece tutta intera la nostra economia, la nostra vita e anche quel che resta del nostro amor patrio.

 A maggior ragione deve riguardare noi, le nostre imprese, la nostra gente, il nostro modo di governare, restituendo alla gente la libertà di intraprendere, di lavorare, di decidere cosa fare; liberandola da una burocrazia costosa, onnivora ed inutile, da un sistema dei vincoli che strangola il paese:

Tra il momento della decisione imprenditoriale e la autorizzazione burocratica passa sempre troppo tempo e questo diventa allora il paese della rinuncia a fare, del lavoro negato, delle opportunità perdute.

Si disperde così il gusto dell’intraprendere, dell’andare avanti, del crescere, si diffonde così nella nostra società l’astio per il nuovo e  l’ostacolo al cambiamento, prevale in essa il conflitto tra la gente e, tra le istituzioni , il venir meno del doveroso atteggiamento cooperativo.

Poiché questa è una spirale che si sta avvitando su se stessa, possiamo stupirci se il P.I.L. non cresce? Se il lavoro diminuisce? se la disoccupazione aumenta?
      
Il federalismo purtroppo è stato spesso inteso come secessione e per questo è rimasto inattuato ed   è stato temuto. Ultimamente il governo di “Salute Nazionale”, come veniva trionfalmente chiamato da più parti il Governo Monti, gli ha inferto gravi colpi avocando alle istituzioni centrali le poche bandiere del decentramento.
In realtà gli stati federali sono ancora oggi quelli che più e meglio degli altri stanno reagendo alla crisi, dimostrando allo stesso tempo una forte coscienza nazionale: gli Usa, la Germania, la Svizzera ma anche il Brasile e l’India sono tutti stati federali che, proprio nel reciproco rispetto delle singole identità che li compongono, riescono ad esprimere una politica coerente a livello nazionale.

La stessa Europa  può darsi una struttura federale: lo ripeto oggi che più forte e profondo è il nostro disagio per un’Unione Europea  che non è pari a quella che avevamo pensato, la cui solidarietà resta da provare, il cui assetto democratico risulta squilibrato dall’auto-costituitosi direttorio franco tedesco.
Nessuno di noi ha mai pensato che entrare in Europa potesse essere una passeggiata trionfale. Ci è chiaro che il rigore è necessario per tutti, che stare in Europa è una sfida ed implica una competizione leale con gli altri paesi. Essa presuppone una capacità, una competenza, un lavoro assiduo da parte dei nostri rappresentanti in Europa e una loro profonda conoscenza dei nostri interessi che vanno difesi con instancabile impegno.

Non siamo sicuri che ciò sia stato fatto.
Siamo sicuri invece che non esistono vie di fuga, né dall’Europa , né dall’Euro.
Siamo sicuri che questa è la battaglia da fare :
--per conquistare un ruolo in Europa che sia degno dell’Italia,
--per garantire questo rapporto Italia – Europa che per ragioni di geografia, economia, storia e  futuro,  per il Veneto è irrinunciabile.   

Ma un federalismo vero può passare soltanto attraverso la diretta responsabilità delle Regioni e dei comuni sia nel prelievo fiscale che nella spesa. E’ da qui, dalla responsabilità di fronte agli elettori, che nasce un governo virtuoso.

L’infame esempio della Regione Lazio (non la sola), che ha trovato la  complicità di tutti i Gruppi consiliari, nasce invece dalla irresponsabilità implicita nel sistema dei “trasferimenti dallo stato alle regioni e ai comuni”e da una classe dirigente che non ha passato il duplice vaglio del partito e degli elettori.

A questo servono le primarie, per questo ci vuole un partito dotato di regole e di strutture democratiche.
  
Oggigiorno al Veneto torna solo il 25% delle tasse e delle imposte pagate dai Veneti, mentre il 75% resta a Roma: questo non è più sopportabile e se nel medio periodo l’obiettivo è quello  di invertire queste percentuali, nel breve periodo occorre assumere come obiettivo un forte  riequilibrio tra Stato, Regioni e Comuni.

Il federalismo deve portare con sè, implicitamente, anche altri elementi necessari:

1.      Il MERITO nella promozione e nello sviluppo dell’economia locale, della sua università,  dei suoi ospedali , della sua ricerca scientifica.
2.      La SOLIDARIETA’ nell’aiutare la gente che vive e lavora nel Veneto e nel sostenere con parte del proprio gettito fiscale e in un’ottica di coesione nazionale le politiche di investimento degli altri territori, ma non la loro spesa corrente.
3.      La RESPONSABILITA’ nel rendere conto, in primis, ai propri concittadini delle quantità e degli scopi  del prelievo fiscale, sottoponendo poi  le grandi opere a referendum, ascoltando le mille voci della rete e spronandola a fornire giudizi sempre più  precisi e ben ponderati.
4.   Lo stesso nostro partito dovrebbe essere impostato su base federalista e legato al territorio per tutelarne i valori fondanti, per tramandare alle nuove generazioni, le aspirazioni e i bisogni del Libero Popolo  Veneto.

 Affrontare le sfide del futuro con la forza delle nostre tradizioni, impegnarci a  rafforzare il ruolo e il posto del Veneto in Italia e in Europa: ecco il compito nostro.

Nel paesaggio delle nostre pianure, colline ed alte montagne, come nei fiumi, nelle lagune operose o nei mari aperti al mondo, nelle città industriose, nei Centri Storici preziosi, nella gente che lavora, studia, inventa,  intraprende, opera silenzioso e continuo il Genius Loci della nostra terra, lo spirito che anima in modo inconfondibile i nostri paesaggi , che si riflette nelle faccie e  nelle mani, nella volontà e nelle parole della nostra gente.

Quale miglior battaglia per noi che difendere questo patrimonio, quale peggior colpa che non riuscire a consegnarlo alle generazioni nuove?

Sono ben conscio che un partito deve difendere gli interessi concreti della gente che intende rappresentare e questo noi intendiamo fare , ma un grande partito nasce solo se è anche un atto d’amore per ciò di cui siamo parte, per ciò in cui crediamo.
Un partito per essere grande deve darsi un ordinamento democratico, ma non burocratizzato, attraverso cui unirsi alla sua gente, fare le grandi scelte chieste dal territorio, scegliere i propri  candidati e i propri dirigenti, superando l’ignavia e la stasi che ha portato ai doppi coordinatori talvolta irresponsabili di fronte al partito, talvolta nemici del partito perché protetti dai loro mandanti.
  
E allora in quest’ottica anche le primarie acquisiscono un senso, a patto che non ci si dimentichi dei tesserati, cioè di coloro che si impegnano comunque in prima persona e che  con il loro impegno costante, politico ed economico (perché le sedi costano, così come i volantini e le sale per organizzare gli incontri), si assumono le maggiori responsabilità.

Vogliamo dimenticarci di questi? Vogliamo dimenticare che un partito si basa sulle idee e sulla passioni di chi si impegna in prima persona, non solo quando è comodo, ma anche nei momenti di crisi? Poi bisogna non arroccarsi e non escludere.  Poi occorre aprirsi, sperando semmai di fare nuovi iscritti, di trovare altra gente disposta a lavorare con noi.

Jacopo Carraro

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