metto a vostra disposizione e dei vostri commenti una serie di riflessioni che spero possano dare origine a discussioni utili e approfondite sul nostro "fare politica".
Pubbblicherò tre post per affrontare alcuni temi:
1) organizzazione del partito
2) politica economica
3) i prossimi impegni della nostra politica nazionale.
Commentate numerosi...
1) PARTITO E FEDERALISMO.
Si
fa un gran parlare di primarie, di limite ai
mandati, di resettare i vertici del partito, di
stringere un più profondo rapporto con i nostri elettori.
Sono
argomenti differenti, ma passano tutti attraverso le Primarie: per decidere cosa
fare e chi lo deve fare.
C’è
una questione che in modo nuovo può legare il cosa al chi: il federalismo
che non interessa solo alla Lega, riguarda invece tutta intera la nostra
economia, la nostra vita e anche quel che resta del nostro amor patrio.
A maggior ragione deve riguardare noi, le
nostre imprese, la nostra gente, il nostro modo di governare, restituendo alla
gente la libertà di intraprendere, di lavorare, di decidere cosa fare;
liberandola da una burocrazia costosa, onnivora ed inutile, da un sistema dei
vincoli che strangola il paese:
Tra il momento
della decisione imprenditoriale e la autorizzazione burocratica passa sempre
troppo tempo e questo diventa allora il paese della rinuncia a fare, del lavoro
negato, delle opportunità perdute.
Si
disperde così il gusto dell’intraprendere, dell’andare avanti, del crescere, si
diffonde così nella nostra società l’astio per il nuovo e l’ostacolo al cambiamento, prevale in essa il
conflitto tra la gente e, tra le istituzioni , il venir meno del doveroso
atteggiamento cooperativo.
Poiché questa è
una spirale che si sta avvitando su se stessa, possiamo stupirci se il P.I.L.
non cresce? Se il lavoro diminuisce? se la disoccupazione aumenta?
Il
federalismo purtroppo è stato spesso inteso come secessione e per questo è rimasto
inattuato ed è stato temuto. Ultimamente il governo di
“Salute Nazionale”, come veniva trionfalmente chiamato da più parti il Governo
Monti, gli ha inferto gravi colpi avocando alle istituzioni centrali le poche
bandiere del decentramento.
In
realtà gli stati federali sono ancora oggi quelli che più e meglio degli altri
stanno reagendo alla crisi, dimostrando allo stesso tempo una forte coscienza
nazionale: gli Usa, la
Germania , la
Svizzera ma anche il Brasile e l’India sono tutti stati
federali che, proprio nel reciproco rispetto delle singole identità che li
compongono, riescono ad esprimere una politica coerente a livello nazionale.
La
stessa Europa può darsi una struttura
federale: lo ripeto oggi che più forte e profondo è il nostro disagio per
un’Unione Europea che non è pari a
quella che avevamo pensato, la cui solidarietà resta da provare, il cui assetto
democratico risulta squilibrato dall’auto-costituitosi direttorio franco
tedesco.
Nessuno
di noi ha mai pensato che entrare in Europa potesse essere una passeggiata
trionfale. Ci è chiaro che il rigore è necessario per tutti, che stare in
Europa è una sfida ed implica una competizione leale con gli altri paesi. Essa
presuppone una capacità, una competenza, un lavoro assiduo da parte dei nostri
rappresentanti in Europa e una loro profonda conoscenza dei nostri interessi
che vanno difesi con instancabile impegno.
Non
siamo sicuri che ciò sia stato fatto.
Siamo
sicuri invece che non esistono vie di fuga, né dall’Europa , né dall’Euro.
Siamo
sicuri che questa è la battaglia da fare :
--per conquistare un ruolo in
Europa che sia degno dell’Italia,
--per garantire questo
rapporto Italia – Europa che per ragioni di geografia, economia, storia e futuro,
per il Veneto è irrinunciabile.
Ma
un federalismo vero può passare
soltanto attraverso la diretta responsabilità delle Regioni e dei comuni sia
nel prelievo fiscale che nella spesa. E’ da qui, dalla responsabilità di fronte
agli elettori, che nasce un governo virtuoso.
L’infame
esempio della Regione Lazio (non la sola), che ha trovato la complicità di tutti i Gruppi consiliari, nasce
invece dalla irresponsabilità implicita nel sistema dei “trasferimenti dallo
stato alle regioni e ai comuni”e da una classe dirigente che non ha passato il
duplice vaglio del partito e degli elettori.
A questo servono
le primarie, per questo ci vuole un partito dotato di regole e di strutture
democratiche.
Oggigiorno
al Veneto torna solo il 25% delle tasse e delle imposte pagate dai Veneti,
mentre il 75% resta a Roma: questo non è più sopportabile e se nel medio
periodo l’obiettivo è quello di
invertire queste percentuali, nel breve periodo occorre assumere come obiettivo
un forte riequilibrio tra Stato, Regioni
e Comuni.
Il federalismo deve portare con sè,
implicitamente, anche altri elementi necessari:
1. Il MERITO nella promozione e nello
sviluppo dell’economia locale, della sua università, dei suoi ospedali , della sua ricerca
scientifica.
2. La
SOLIDARIETA ’
nell’aiutare la gente che vive e lavora nel Veneto e nel sostenere con parte
del proprio gettito fiscale e in un’ottica di coesione nazionale le politiche
di investimento degli altri territori, ma
non la loro spesa corrente.
3. La
RESPONSABILITA ’
nel rendere conto, in primis, ai propri concittadini delle quantità e degli
scopi del prelievo fiscale, sottoponendo
poi le grandi opere a referendum, ascoltando
le mille voci della rete e spronandola a fornire giudizi sempre più precisi e ben ponderati.
4.
Lo
stesso nostro partito dovrebbe essere impostato su base federalista e legato al
territorio per tutelarne i valori fondanti, per tramandare alle nuove
generazioni, le aspirazioni e i bisogni del Libero Popolo Veneto.
Affrontare
le sfide del futuro con la forza delle nostre tradizioni, impegnarci a rafforzare il ruolo e il posto del Veneto in
Italia e in Europa: ecco il compito nostro.
Nel
paesaggio delle nostre pianure, colline ed alte montagne, come nei fiumi, nelle
lagune operose o nei mari aperti al mondo, nelle città industriose, nei Centri
Storici preziosi, nella gente che lavora, studia, inventa, intraprende, opera silenzioso e continuo il
Genius Loci della nostra terra, lo spirito che anima in modo inconfondibile i
nostri paesaggi , che si riflette nelle faccie e nelle mani, nella volontà e nelle parole
della nostra gente.
Quale miglior
battaglia per noi che difendere questo patrimonio, quale peggior colpa che non
riuscire a consegnarlo alle generazioni nuove?
Sono
ben conscio che un partito deve difendere gli interessi concreti della gente
che intende rappresentare e questo noi intendiamo fare , ma un grande partito nasce
solo se è anche un atto d’amore per ciò di cui siamo parte, per ciò in cui
crediamo.
Un
partito per essere grande deve darsi un ordinamento democratico, ma non
burocratizzato, attraverso cui unirsi alla sua gente, fare le grandi scelte
chieste dal territorio, scegliere i propri candidati e i propri dirigenti, superando
l’ignavia e la stasi che ha portato ai doppi coordinatori talvolta
irresponsabili di fronte al partito, talvolta nemici del partito perché
protetti dai loro mandanti.
E
allora in quest’ottica anche le primarie acquisiscono un senso, a patto che non
ci si dimentichi dei tesserati, cioè di coloro che si impegnano comunque in
prima persona e che con il loro impegno
costante, politico ed economico (perché le sedi costano, così come i volantini
e le sale per organizzare gli incontri), si assumono le maggiori
responsabilità.
Vogliamo
dimenticarci di questi? Vogliamo dimenticare che un partito si basa sulle idee
e sulla passioni di chi si impegna in prima persona, non solo quando è comodo,
ma anche nei momenti di crisi? Poi bisogna non arroccarsi e non escludere. Poi occorre aprirsi, sperando semmai di fare
nuovi iscritti, di trovare altra gente disposta a lavorare con noi.
Jacopo Carraro
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