Il
governo Monti nasce nel quadro dell’incisiva e appassionata iniziativa del Capo
dello Stato e a molti tra noi è stato
dato di pensare che la nostra Costituzione dovrebbe prevedere che un Capo dello
Stato eletto dal popolo, avesse quei poteri e potesse normalmente guidare
l’azione del suo governo, come accade nei paesi a carattere presidenziale o
semipresidenziale.
Purtroppo
nel nostro paese operano forze politiche e poteri forti irrimediabilmente
conservatori che amano le costituzioni materiali e non vogliono che certi
principi siano iscritti nel testo costituzionale, perché perderebbero il
loro potere di condizionamento e di
sollecitazione.
E’
al nostro partito ed al presidente Berlusconi in primis, ma anche ad altre forze politiche che va riconosciuto l’alto senso di
responsabilità che ha consentito, in una situazione di grande emergenza, il prevalere degli atteggiamenti costruttivi
sullo spirito di faida.
Ma
questa contingenza straordinaria va superata ridando forza alla politica e
promuovendo il rinnovamento e il rafforzamento delle nostre istituzioni.
Ora
dunque è necessario promuovere l’incisiva riforma della nostra Costituzione che NON è la più bella
Costituzione del mondo, come va dicendo Bersani:
-- perché rende difficile ed
improbabile l’attività di governo, non da poteri e forza decisionale al
Presidente del Consiglio dei Ministri, limita troppo il potere di decretazione
del Consiglio dei Ministri;
-- perché fa della
magistratura un corpo separato dello stato, senza ordine né gerarchia, ma
troppo spesso impegnato a contrastare il potere legiferante del parlamento;
-- Perché l’attuale architettura
dello stato è inflazionata e produce una dispersione conflittuale dei
poteri e delle competenze:
Occorre
prescrivere la fusione dei comuni con
meno di diecimila abitanti, promuovere l’unione
dei comuni in ambiti territoriali opportuni, eliminare le Provincie, ridurre il
numero delle Regioni, limitare i poteri dello Stato alla politica europea,
estera, di difesa, di sicurezza, di giustizia, di governo sulle questioni e le
reti di rilievo nazionale.
In
questo quadro, una riflessione va fatta sulla questione dell’area
metropolitana, precisando che Venezia con la sua provincia non è un’area
metropolitana, tantomeno se essa ha, come ha, solo i poteri di una provincia.
Va colta invece questa opportunità per mettere in rete e portare a sistema il
policentrismo veneto, per dare gerarchie alla sua organizzazione territoriale,
produttiva e direzionale, per creare nuove sinergie tra le Città Venete, per
dare massa critica alle strutture imprenditoriali e direzionali della nostra
Regione nel contesto europeo.
Ciò
può implicare, ma non necessariamente, uno specifico livello istituzionale, più
fecondo potrebbe forse essere l’individuazione di sedi di concertazione e
decisione delle politiche di area metropolitana.
A
questa profonda trasformazione del territorio
regionale può e deve essere
chiamata anche la Regione
del Veneto, partecipando essa con capacità decisoria alle sedi di concertazione
delle politiche metropolitane.
In
sintesi occorre allora:
1) Riduzione della spesa
pubblica comprimendo quella corrente e rilanciando le politiche di
investimento;
2) Riorganizzazione in senso federalista
della struttura istituzionale dello Stato per promuovere l’interazione dei
territori, dei mercati, delle strutture produttive, imprenditoriali,
direzionali e quella dei grandi servizi dell’Università, della Ricerca, della Salute;
3) Riduzione delle imposte e
delle tasse stabilendo con un programma pluriennale di dimezzarle, passando
dall’attuale insostenibile e parossistico 68% ad un giusto e fisiologico 34%.
Nasce
da queste tre azioni di riduzione e riorganizzazione, lo spazio economico e
finanziario necessario a rilanciare la crescita:
a) potenziando il nostro sistema d’impresa, con
finanziamenti volti al suo adeguamento tecnologico, e all’assistenza delle sue
attività di export.
b) creando un nuovo mercato dei
servizi a rete del territorio, (ciclo dell’acqua, ciclo dei rifiuti,
trasporti), stabilendo chiare condizioni che ne garantiscano gli investimenti
manutentivi e tecnologici e il minor costo per l’utenza.
c)
investendo nella realizzazione di
tutti i sistemi infrastrutturali (porti, logistica, corridoio 5, alta velocità)
di integrazione degli spazi nazionali ed internazionali.
d) realizzando un vasto programma di Green
Economy, con la produzione di energia da
fonti rinnovabili e metodi di intervento
sulle città per renderle più efficienti (smart cities).
e) programmando organici interventi a tutela del
territorio e dell’ambiente e del suo riequilibrio idrogeologico.
Ognuna
di queste politiche, ha nel Veneto e nel Nord Est un luogo e un protagonista di
primaria importanza. Tocca ora al nostro partito, se ne ha la forza e il
coraggio, assumere su di sé questo compito del Veneto per i Veneti,
rivendicandone oggi il ruolo, già proprio nella storia, di cardine tra
mitteleuropa e medio oriente, diventando strumento del libero e forte e
laborioso popolo veneto per la conquista
di questo suo rinnovato avvenire.
Jacopo Carraro